martedì 11 novembre 2008

Caro ex Rettore Muscio



Articolo di Don Fausto Parisi pubblicato su L'ATTACCO di oggi.


Caro Antonio, prof. Muscio, ex rettore magnifico, questo proprio ce lo potevi risparmiare.
L’ultimo sberleffo al nostro senso civico, l’ultima presa per i fondelli e l’ultimo, speriamo davvero ultimo, affronto alla nostra intelligenza.
Certamente tuo figlio Alessandro, a detta dei tre commissari della selezione, “è stato più bravo di cinque partecipanti: ottime le prove, ma soprattutto buonissimo il curriculum”.
Laureato a Foggia, specializzato nel Sussex, come a dire, specializzato nell’università di Basilicata, senza offesa per quella regione.
Poi ha girato per mezza Italia. Ha lavorato per la Luiss e per Finmeccanica, ha sei pubblicazioni, di cui quattro uscite in Inghilterra, giustamente il Sussex non è in Italia.

Cosa si vuole di più da un candidato? Dice proprio nulla che sia figlio del Rettore?
Per giunta il giorno prima della scadenza del suo mandato?
Proprio nulla da eccepire? No ma qualcosa sotto ci prude e tanto.
Anche gli altri tuoi parenti hanno lo stesso spessore culturale, hanno avuto lo stesso curriculum eccellente?
Ma la famiglia Muscio scendendo dalle montagne si è portato dietro anche i cromosomi della razza padrona?

“In ateneo c'è l'altra figlia dell'ex rettore, Rossana, dirigente del personale tecnico amministrativo.

Ricopre lo stesso ruolo che per anni ha svolto sua madre, Aurelia Eroli in Muscio, che oggi è in pensione.
Ricercatore è poi il marito di Rossana, Ivan Cincione, che nel 2004 ha vinto un posto in Patologia clinica alla facoltà di medicina.
Moglie, figlio, figlia, genero. Impiegate all'ateneo sono anche una nipote (Eliana Eroli) e una nuora: Janise Laverse è dipendente della facoltà di Agraria, oltre a essere la moglie di Alessandro”.

Ecco è questa parentopoli che fa ribrezzo e grida “è ora di finirla, adesso basta”.
Si chiama arroganza di potere, utilizzo della cosa pubblica come affare privato, sfrontatezza, prepotenza da razza padrona.
Berlusconi mi fa vomitare, da sempre, ma lui le sue imprese se l’è fatte da solo, ha rischiato di persona, si sarà fatto aiutare in modo lecito o non lecito, non siamo noi i suoi giudici,
ma ci rimetteva pure di persona, in ogni sua impresa.
E tu? Cosa ci rimetti? Utilizzando un potere di delega hai pensato bene a sistemare la tua famiglia, fino all’ultimo rampollo.

In America, per questo, ti avrebbero già fatto vedere il cielo a scacchi. Da noi ti danno una targa, liberatoria, speriamo.
In America il solo pensiero di utlizzare lo stato per fini personali, fa rabbrividire, visto le pene relative. E inammissibile che da quelle parti qualcuno utilizzi le cose dello stato a questa maniera.
La galera non la si nega proprio a nessuno, e in questi cose diventano persino cattivi, assieme ai reati finanziari sono quelli puniti con maggiore pervicacia.
Da noi la si fa sempre franca, in ogni cosa: basta salvare la forma e la ipocrita legalità, basta qualche commissione fatta ad hoc, qualche pressione al momento giusto e il gioco è fatto.
E noi scemi a mugugnare impotenti di fronte a tanto bruttume culturale e morale.
Se davvero fossimo in America, l’America delle università private, non si farebbe una piega di fronte a queste assunzioni.
Basta che te ne assumi la responsabilità. Quando mi chiesero di insegnare teologia morale a Fildelfia, vollero ben tre lettere di raccomandazione, una anche dall’Italia. Là la raccomandazione, nel privato, è sistema e nessuno si scandalizza. Quasi tutte le università sono private, e nel privato non conta il posto, che vai a scaldare, semmai senza merito o per il solo fatto di avere famiglia, là conta la tua riconosciuta produzione scientifica. Con la stessa facilità con cui ti assumono ti rimandano a casa, e il tuo sponsor va in disgrazia e ha finito di raccomandare gli imbelli o i familiari. Se il tuo lavoro non è almeno excelent, come dicono loro, fossi anche raccomandato dal presidente, te ne vai.

Da noi la cosa sa di scandalo, perché è una struttura dello stato e dovrebbe garantire a tutti, ma davvero a tutti le stesse opportunità, non ai soliti figli di P. (e qui “P” sta per “Papà”, non mi fraintendere). Ma oramai il tengo famiglia ha ammorbato ogni angolo dell’amministrazione pubblica, c’era rimasta l’università. E il Sud si è reso famoso anche per quest’ultimo scempio.
Si utilizza le strutture dello stato per sistemare figli, nipoti, nuove, moglie.
Siamo alla degenerazione. E poi ci si lamenta che i nostri cervelli migliori ci abbandonano? Vorrei vedere. Purtroppo alla puzza di merda è assai difficile abituarsi.
Meglio emigrare. Speriamo solo che l’”onda” dei giovani, che in questi giorni si sta agitando nelle piazza d’Italia, venga a lavare anche Foggia e la sua lorda università.

1 commento:

Gianfranco ha detto...

Sinceramente tanti retroscena e dettagli non li conoscevo mica. Può anche darsi che abbiano tutti una passione sfegatata per l'università, 'sti Muscio .... bah !!! E io che temevo le raccomandazioni in altre sedi universitarie, qua giocano solo in casa !!! Campionato truccato.