domenica 20 aprile 2008
Beppe Grillo e il V2Day
25 aprile 2008 - Dalle ore 9 alle ore 21
Corso Vittorio Emanuele II - Foggia
www.igrillidifoggia.it
Il 25 aprile ci sarà il V2 Day, altra iniziativa di Beppe Grillo, stavolta invece che con i politici condannati se la prenderà con i giornali finanziati dallo Stato con i nostri soldi.
Ho parecchi dubbi sull'iniziativa, in particolare sulla data scelta, sulla deriva populistica di Beppe Grillo, sull'accomunare grandi giornali e giornali locali, sul reale efficacia di un'azione del genere e su un sacco di altre cose...
Ma ho visto all'opera i Grilli di Foggia, e credo che nel dubbio aderirò...
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4 commenti:
grazie sandro.
Voi siete Beppe Grillo. Ragionate con la vostra testa. Prendete in mano questo Paese. E' il vostro Paese. Non abdicate ai vostri diritti. L'informazione è un diritto. Vi è stato tolto.Per questo siamo ridotti così. Solo atttraverso una libera informazione l'Italia tornerà un Paese libero, bello, splendente come nel Rinascimento. Io ci credo, credeteci anche voi.
Il 25 aprile è un'occasione per dire ai partiti, alle banche, alla Confindustria e a Testa d'Asfalto che in Italia comandano i cittadini. Che l'informazione deve essere al servizio della democrazia, non dei gruppi di potere. I partiti non hanno mai fatto una legge contro il conflitto di interessi. Domandatevi il perchè. Per beneficenza? O perchè con una libera informazione sarebbero spariti TUTTI, TUTTI, il giorno dopo per non farsi prendere a calci nel culo dagli italiani.
In alto i cuori. IIl 25 aprile in 400 città italiane ci sarà la raccolta delle firme per i referendum per una libera informazione in un libero Stato. No all'ordine corporativo dei giornalisti, al finanziamento pubblico di un miliardo di euro all'anno all'editoria, alla legge Gasparri sulle radiotelevisioni. 400 città con musica, informazione, giovani e vecchi per una giornata di festa. Il 25 aprile prendete la pillola rossa. Cercate la vostra città nell'elenco.
dal sito www.beppegrilli.it
ninni
FRANCESCO
Ho visto Grillo sputare sulla telecamera di un operatore Rai. Quel cameraman è un precario. Stava facendo il proprio lavoro. Ha mantenuto la calma. E' stato professionale. Fosse capitato a me, gli avrei fracassato in faccia la telecamera. L'ondata populista di Grillo non fa distinzioni e nella sua ruspa finiscono fiori e immondizia. Ci sono giornalisti, e ce n'erano ieri, che fanno il loro mestiere a costo del precariato e mettendo a rischio la vita. Ci sono piccoli giornali, siti internet, tv e radio locali che fanno informazione vera e in cambio ricevono solo calci in bocca. E anche in Rai credo ci siano persone che cercano di fare con onestà il loro mestiere.
Detto questo, sono favorevole alla cancellazione dei finanziamenti pubblici ai giornali. Credo sia giusto, invece, che lo Stato sostenga le nuove iniziative editoriali per un tempo limitato (il cosiddetto start-up) e solo se queste rispondono a determinati parametri (cooperative di giornalisti e contratti a tempo indeterminato almeno dopo il primo anno di attività). La questione giornalismo-informazione-editoria è molto più complessa di quando immaginino quelli che sulla telecamera dell'operatore precario sarebbero ottusamente pronti a sputare ancora.
tratto da www.articolo21.info
Caro Beppe,
sono profondamente convinto che, in questo mondo al contrario, non ci sia niente di più politico dell’anti-politica, niente di più rivoluzionario del riformismo, niente di più anomalo della normalità, niente di più visionario della razionalità.
Perciò ho apprezzato molto, sinora, il tuo operato e le tue azioni, per molti aspetti anomale (e come avrebbe potuto essere altrimenti, provenendo esse da una fonte anomala quale è per definizione, in politica, un comico?). Rilevo che molti fra coloro che ti indicano come un pericoloso fenomeno di anti-politica sono essi per primi, notoriamente, operatori quotidiani di devastante anti-politica. Io ti considero semplicemente e utilmente borderline. Con uno come te, dipende tutto dalla prossima mossa che farai…
Per esempio, io mi aspetto che, in queste ore, tu voglia disarmare innanzitutto chi strumentalizza la scelta della data del 25 aprile per discettare di antipolitica o di qualunquismo, chiarendo esplicitamente – serve, sì, serve! - di aver voluto una manifestazione non alternativa o evasiva rispetto alla celebrazione della liberazione dal nazi-fascismo, ma, esattamente all’opposto, una maniera insieme simbolica e concreta per ricordare/lottare per la libertà, a cominciare da quella politica, di pensiero e di stampa. Insomma, si dovrebbe poter venire al V-Day del 25 aprile come si va (o meglio si andava) ad una manifestazione per il 25 Aprile. Con in più degli obiettivi di lotta specifici per l’oggi.
E mi aspetto – e mi permetto di sollecitarti – un atteggiamento anche verbale nei confronti dei “giornalisti italiani” considerati nella loro totalità e della stessa (nuova) dirigenza del loro sindacato unitario, non provocatoriamente insultante ma nei termini peraltro ottimamente sintetizzati in una tua recente dichiarazione: “Ci sono buoni e cattivi giornalisti, quelli che scrivono rischiando la pelle, quelli emarginati, quelli sottopagati. Il 25 aprile non è contro di loro, ma contro l’ingerenza della politica nell’informazione. Il lettore non conta nulla per l’editore di un giornale, contano di più i finanziamenti pubblici (partiti), la pubblicità (Confindustria, Abi, Confcommercio) e i gadget (dvd, fumetti, eccetera)”. Su questa analisi e su queste parole d’ordine credo che si possa anche fare una pezzo di strada insieme. Perché rinunciarvi preventivamente?
Per quello che riguarda i tre referendum da te proposti, in coerenza con quanto sostenuto ne “La casta dei giornali” – un dossier in qualche caso erroneamente assimilato, senza averlo letto o in malafede, a una presunta moda dell’“antipolitica” – ti chiarisco di non essere per l’abolizione tout court delle provvidenze per l’editoria. Ci mancherebbe altro! Ci sono cose nel mercato, come tu per primo hai più volte efficacemente documentato e denunciato, che con la ‘libertà di mercato’ – e tanto meno con la libertà di informazione - non hanno nulla a che fare e che anzi la contrastano, sino ad annullarla del tutto. Ben venga quindi l’intervento pubblico, che ritengo, se connotato da specifiche modalità, corrette e trasparenti, non solo doveroso ma indispensabile per la stessa ‘libertà di mercato’.
Da convinto riformista, non potrei però non prendere lucidamente atto, ad un certo punto, del fallimento di qualsiasi ragionevole proposta riformatrice del sistema di provvidenze per l’editoria, ed essere tentato di firmare la richiesta di referendum per la loro abolizione, non foss’altro che per costringere il legislatore ad attivarsi per introdurvi elementi di decenza liberale, democratica e morale.
Insieme alla richiesta di referendum, quindi, andrebbe indicata anche una proposta di soluzione al problema della concentrazione proprietaria, dell’omologazione dei contenuti e del ruolo subalterno assunto dalla stampa italiana rispetto ai grandi poteri finanziari, prima ancora che propriamente politici.
Per quello che mi riguarda – e anche su questo ho recentemente verificato, se non ancora l’adesione concreta e conseguente, la disponibilità a discutere da parte del sindacato e di associazioni come Articolo 21 – ci sono quattro specifici punti sui quali si potrebbe lavorare per risanare radicalmente e rendere socialmente utile il sistema di provvidenze per l’editoria:
1) i contributi dovrebbero andare esclusivamente a iniziative cooperative (vere cooperative di giornalisti, dirigenti editoriali e lavoratori) e comunque no profit (con esclusione, quindi, dei grandi gruppi editoriali, che già godono delle note distorsioni determinate nel “mercato delle idee” dal mercato della pubblicità, dall’informazione-spazzatura e omologata, e dalle varie e diffuse forme di “abuso di posizioni dominanti”);
2) la gran parte dell’esborso dovrebbe servire a promuovere nuove iniziative (e quindi aiutarle non, come oggi sciaguratamente previsto, dopo cinque anni di vita!), iniziative legate al territorio e indipendenti;
3) il contributo non dovrebbe essere “a vita”, determinando rendite parassitarie e soprattutto un’informazione subalterna al potere e “seduta”, quando non propriamente “di Palazzo”;
4) è fondamentale istituire presso il Dipartimento una struttura di controllo sulle società beneficiate e sulla reale corrispondenza fra requisiti richiesti, requisiti vantati e requisiti effettivi severissima, adeguatamente dotata di mezzi e risorse tecnico-professionali, e obbligata a un rendiconto pubblico e trasparente.
Tutto questo volevo chiarirti, come contributo di lealtà, di proposta e di lavoro politico comune.
In questo senso, faccio a te e a tutti noi un grande, grandissimo augurio per un V-Day all’insegna di una politicissima anti-politica, di un rivoluzionario riformismo, di un’anomalissima normalità e di una visionaria razionalità.
Cancellare l’ordine dei giornalisti, la legge Gasparri - "Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della Rai, nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione" – e cassare i ricchi finanziamenti ai giornali italiani. Beppe Grillo, con le migliaia di persone che lo hanno acclamato capopopolo, domani torna in piazza. Lui sarà a Torino. I suoi fans organizzeranno iniziative in molte altre città italiane, Foggia compresa. Domani è il 25 aprile. Il giorno della Liberazione dai nazifascisti. Grillo e i grillini vogliono liberarsi della malainformazione in tre mosse, raccogliendo firme che tutte insieme sradicheranno “il Male” alla radice. Sticazzi. So’ uagliun in gamba quistiqquà. Te sta’ ferm. Cancellare l’ordine dei giornalisti? Cancelliamolo pure. Abrogare la legge Gasparri? Bene. Al governo, Gasparri ci è tornato con Berlusconi. Certamente terranno da conto il volere dei fans di Beppe. Togliamo ai giornali il finanziamento pubblico. Ok. E poi? Qual è la proposta? Quei soldi come s’intende utilizzarli? E’ contemplata la possibilità di usarne almeno una parte per favorire nuove iniziative editoriali, anche quelle dello stesso Grillo, che siano utili alla crescita del Paese?
L’Italia si affeziona a chi grida di più. A chi “ha le palle” di sputare sulla telecamera di un cameraman precario mentre questi sta facendo il suo lavoro. Così, aggratis, per fare una berlusconata d'effetto. E nulla sa del lavoro e delle cento vertenze in atto tra giornalisti ed editori che dichiarano bancarotta e un mese dopo ripartono con un’altra impresa editoriale, assumendo aspiranti giornalisti a due lire, con contratti a tempo determinatissimo. Il tempo, un ricatto. Il sistema dell’informazione ha certamente bisogno di cambiamenti radicali. Gli stessi cambiamenti, la stessa innovazione, di cui necessita il Paese nel suo complesso. La capacità di avere un giudizio critico, informato, consapevole su ciò che accade, su quanto le classi dirigenti determinano sulle nostre teste e su ciò che noi stessi determiniamo più o meno consapevolmente con le nostre azioni, passa davvero esclusivamente attraverso la guerra a una “categoria”, quella dei giornalisti e del giornalismo, dove il 95 per cento delle persone è lontano cento miglia dall’essere una “casta” (cheppalle) di privilegiati?
E allo stadio tutti insieme canterem…GIOR-NA-LI-STA-PEZ-ZO-DIMMERDA TATTATTATTTATTTA. Aaaaaaaaa, che soddisfazione appartenere a questa Italia Ultras. Ichebbellacosa na jurnat e’sole.
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